Il rent to buy ha conseguenze sulla gestione condominiale?

La risposta è sì. Vediamo nel dettaglio quali sono le ripercussioni sulla gestione condominiale, onori ed oneri in capo ai soggetti coinvolti

Rent to buy e condominio: le conseguenze sulla gestione condominiale
 

Come noto, la formula Rent To Buy ha trovato la propria disciplina positiva in Italia con l’art. 23 del d.l. 12 settembre 2014, n.133 (decreto “Sblocca Italia”), convertito in Legge. 11 novembre 2014, n. 164, che così recita:

“I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell’articolo 2645 – bis codice civile.

La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’articolo 2643, comma primo, numero 8) del codice civile”.

Pur avendo in sé alcune caratteristiche della compravendita e alcune caratteristiche della locazione, non è un contratto misto, ma un contratto tipico a tutti gli effetti. È un contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili.

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Ad un primo sguardo si potrebbe ritenere che colui che tramite il contratto di rent to buy abbia in godimento un immobile, nei confronti del condominio in cui è situata l’unità immobiliare si trovi nella posizione del conduttore. Quindi non condomino, e tendenzialmente inesistente rispetto alla vita formale del condominio – salve le questioni relative al riscaldamento. D’altro canto vi è solo una facoltà di acquisto dell’immobile, la compravendita non si è ancora compiuta.

A ben vedere però non è proprio così.

Infatti la normativa richiama la disciplina in materia di usufrutto, secondo la quale l’usufruttuario – per quanto qui interessa – si fa carico delle spese ordinarie e degli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria degli immobili e delle relative parti condominiali.

Oltre a ciò l’usufruttuario mantiene l’onere delle riparazioni straordinarie causate dal suo inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione. In genere, invece, sono a carico del proprietario le riparazioni straordinarie degli immobili, e delle relative parti condominiali.

Circa le spese delle liti, che riguardano tanto la proprietà quanto il godimento dell’unità immobiliare, sono da distribuire tra i due soggetti in proporzione del rispettivo interesse, usualmente in misura concordata e cristallizzata nel contratto. Delle spese relative ai contributi dovuti all’amministratore rispondono entrambi in via solidale.

Per quanto attiene il diritto di voto nelle assemblee condominiali, se trattasi di ordini del giorno relativi all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni, spetterà a colui che ha in godimento l’immobile; altrimenti spetterà al proprietario (salvo il caso in cui chi ha il godimento dell’immobile intenda eseguire le riparazioni straordinarie e quindi l’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere comunicato ad entrambi).

È da notare tuttavia come questa ricostruzione non sia pacifica, e che alcuni ritengono eccessiva l’applicazione analogica della disciplina dell’usufrutto rispetto al rent to buy. Il rischio, si sostiene, è quello di aggirare il principio del numero chiuso dei diritti reali, andando a costituirne nei fatti uno nuovo, quando il contratto di rent to buy non ha tale finalità né tale potere.

Al momento, non risulta giurisprudenza in merito.

Photo credit: Lauren Manningcc.

Avvocato civilista e Presidente del Polo di Diritto Immobiliare. Sopravvissuto ad un'infanzia senza smartphone e tablet, conduco il mio studio legale a tempo pieno e cresco le mie figlie a tempo pieno... ...

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