Smart working: gli esempi delle aziende in Italia che lo stanno adottando

La diffusione dello Smart Working non ha risparmiato le grandi realtà: alcuni casi interessanti

Smart working: gli esempi delle aziende in Italia che lo adottano
 

Visto che di recente abbiamo spiegato nel dettaglio cos’è lo smart working, oggi approfondiamo ulteriormente l’argomento analizzando i casi di alcune aziende italiane che (dopo la regolamentazione nazionale del lavoro autonomo e agile) hanno abbracciato con entusiasmo questa particolare formula di collaborazione.

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Smart Working: il caso Mars Italia

Il primo caso è quello di Mars Italia, la cui direttrice delle risorse umane Cristina Milanesi ha affermato con orgoglio che smart working è un concetto noto alla società già a partire dai lontani anni Novanta: l’ispirazione è certamente arrivata dalla filiale statunitense, ma le modalità di messa in pratica sono leggermente diverse (i lavoratori, per esempio, vengono chiamati associati e non dipendenti).

Nonostante alcune differenze, il modus operandi resta però lo stesso: gli assunti hanno tutti la possibilità di lavorare dove preferiscono (casa, bar, parco, ecc.), sono sempre riforniti di strumenti digitali che consentono la cooperazione di gruppo (PC, software, ecc.) e possono, oltre che beneficiare di ingressi con orario flessibile, anche dedicare delle ore di lavoro al volontariato.

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Smart Working: il caso Qui Group Beyond

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La seconda azienda è la StartUp di Qui Group Beyond, che da più di un anno sperimenta lo smart working nella sua sede di Napoli: visto che la maggior parte dei 15 dipendenti presenti abitano a circa un’ora e mezza (tre ore tra andata e ritorno) dalla sede operativa, l’impresa ha deciso di ridurre gli sprechi di tempo causati dai viaggi, adottando il concetto di lavoro agile.

Qui le risorse operano due volte a settimana da casa o da qualsiasi altro luogo che rispetti le norme della sicurezza. I progetti vengono controllati dall’alto una volta ogni due mesi, mentre l’avanzamento dei lavori è supervisionato una volta a settimana. Inoltre, per evitare gli eccessi di lavoro, i dipendenti hanno l’obbligo di timbrare una sorta di cartellino virtuale.

Dopo il primo anno di sperimentazione, Beyond afferma con orgoglio che lo smart working ha eliminato già nei primi sei mesi ben 150 ore sprecate in viaggi e ha addirittura incrementato la produttività di 15-20 punti percentuali. In aggiunta a ciò, il lavoro agile ha poi stimolato i collaboratori più prestanti a restare in azienda senza considerare altre possibilità di carriera.

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Smart Working: il caso TIM

Passiamo adesso al caso TIM: a seguito di un periodo di sperimentazione, il gruppo ha deciso di puntare ancora sullo smart working, stimolando l’adesione volontaria di 12.000 dipendenti e includendo il lavoro agile anche nelle altre società associate. Le risorse possono scegliere questa formula collaborativa da settembre 2017 a dicembre 2018.

L’obiettivo è certamente quello di apportare dei miglioramenti concreti, che di fatto si traducano in una più semplice gestione del tempo (per i dipendenti) e in una maggiore produttività professionale (per l’impresa). Per ottenere tutto ciò l’azienda monitora le performance delle risorse in media una volta ogni tre mesi.

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Smart Working: il caso ENEL, Ferrovie dello Stato e MEF

Anche ENEL rientra tra le società italiane che hanno testato e mantenuto lo smart working: qui i 7.000 dipendenti coinvolti (volontariamente) possono lavorare un giorno a settimana in un contesto diverso dalla sede ufficiale e le prospettive sono decisamente promettenti, perché la soddisfazione del personale è evidente.

Dall’1 settembre di quest’anno è iniziata la sperimentazione di Ferrovie dello Stato, che consente ai lavoratori di operare in modo flessibile sia per quanto riguarda il luogo, sia per quanto riguarda il tempo. La durata di questo periodo di prova è pari a sei mesi totali, dopo i quali l’azienda deciderà se e come proseguire il progetto.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha optato in favore del lavoro agile a partire dal 10 luglio 2017, includendo nel progetto più o meno 200 risorse. In questo caso la sperimentazione prevista dura circa un paio d’anni e le modalità operative prevedono maggiori libertà per i lavoratori ma anche i soliti orari più flessibili.

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Smart Working: il caso SIEMENS

Ultimo ma non per importanza è il caso di SIEMENS, dove lo smart working è presente già da diversi anni: se nel 2011 è stato introdotto in azienda come progetto pilota, nel 2015 è diventato un modello talmente stabile da aggiudicarsi lo Smart Working Award (un premio a sostegno delle nuove tipologie di lavoro).

Queste le maggiori aziende italiane che hanno abbracciato lo smart working: una formula di lavoro agile che può tranquillamente essere adoperata anche tra le piccole e medie imprese!

Scopri cos’è e come si fa la Prima Nota

Nasco a Milano nel 1985 e il primo ricordo di scuola è il quaderno coi temi d’italiano che ancora conservo. Frequento il liceo artistico a Padova, ma passo intere giornate a scrivere racconti sugli ...

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