Spese di rappresentanza: come identificarle e come capire quali sono spese deducibili?

Quali sono le spese di rappresentanza e quali sono le differenze con le spese di pubblicità? Quali di queste sono spese deducibili?

Spese di rappresentanza quali sono le spese deducibili?
 

Accade di frequente che molti quesiti che mi vengono posti in materia contabile e fiscale siano relativi proprio alle spese di rappresentanza: quando una spesa può essere considerata come spesa di rappresentanza e quando invece come una normale spesa di ristorazione? O qual è la differenza tra una spesa di pubblicità e una spesa di rappresentanza? Quali sono le spese deducibili di rappresentanza, ma soprattutto, qual è l’importo massimo deducibile?

Da un punto di vista normativo la Legge Finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) ha modificato in modo sostanziale la disciplina fiscale delle spese di rappresentanza, contenuta nel secondo comma dell’art. 108 del Tuir, prevedendo che le stesse siano deducibili:

  • nel periodo d’imposta di sostenimento;
  • se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con apposito Decreto.

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Spese di rappresentanza: cosa si intende per “inerenti e congrue”.

Il D.M. 19.11.2008 ha fornito tali indicazioni stabilendo che possono essere definite spese di rappresentanza inerenti e congrue, se effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni di beni e servizi:

    • a titolo gratuito;
    • effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
    • il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
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L’elemento essenziale che connota la spesa di rappresentanza, rispetto ad una che si qualifica come di pubblicità, è innanzitutto quello della gratuità, ovvero la mancanza di un corrispettivo in capo alla controparte e di un correlato obbligo di dare o fare. Senza gratuità non può pertanto esserci spesa di rappresentanza; in presenza di gratuità si può avere spesa di rappresentanza se la stessa è sostenuta con logiche “imprenditoriali”, ossia perseguendo finalità promozionali o di pubbliche relazioni, e sia “ragionevole”, nel senso di essere idonea a generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa o sia coerente con pratiche commerciali di settore.

Per quanto riguarda i requisiti relativi alle finalità promozionali e di pubbliche relazioni, è stato precisato che:

  • le finalità promozionali consistono nella divulgazione sul mercato dell’attività svolta, dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia di attuali clienti che di clienti potenziali;
  • tra le finalità di pubbliche relazioni devono invece essere ricomprese tutte le iniziative, senza una diretta correlazione con i ricavi, volte a diffondere e/o consolidare l’immagine dell’impresa e accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico.

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Sulla base di tali definizioni il decreto qualifica come spese di rappresentanza:

  • le spese per viaggi turistici in occasione dei quali sono programmate ed in concreto svolte significative attività promozionali dei beni e dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;
  • le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose nonché inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa oltre che le spese sostenute in occasione di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa. Sul punto però viene precisato che non sono qualificabili come spese di rappresentanza quelle sostenute per eventi aziendali in cui sono presenti esclusivamente dipendenti dell’impresa, in quanto tali spese non possono considerarsi sostenute nell’ambito di “significative attività promozionali” dei prodotti dell’impresa per carenza quindi del requisito della ragionevolezza come prima individuato (collegamento con i ricavi dell’impresa).
  • ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza. Trattasi di fattispecie residuale nella quale trova collocazione ogni altra erogazione gratuita di beni e servizi effettuata in occasioni diverse da quelle espressamente contemplate nelle lettere precedenti (e non soltanto in occasione di convegni, seminari e manifestazioni simili), ma che, in ogni caso, sia funzionalmente e potenzialmente idonea ad assicurare all’impresa benefici in termini economici, di promozione o di pubbliche relazioni. Ad esempio si può fare riferimento a quelle spese che un’impresa sostiene al fine di instaurare o mantenere rapporti con i rappresentanti delle amministrazioni statali, degli enti locali, ecc. o con le associazioni di categoria, sindacali, ecc. Tali spese, aventi finalità relazionali, sono deducibili quando sono anche potenzialmente idonee a generare ritorni economici per l’impresa o sono coerenti con le pratiche commerciali del settore di attività.

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Spese di rappresentanza deducibili: i limiti di deducibilità

Infine, uno sguardo ai limiti di deducibilità: il D.M. prevede infatti che le spese di rappresentanza siano deducibili nell’anno di sostenimento in misura proporzionale all’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’impresa come di seguito schematizzato:

RICAVI/PROVENTI

IMPORTO MASSIMO DEDUCIBILE

Fino ad € 10 milioni

1,3%

Per la parte eccedente € 10 milioni e fino ad € 50 milioni

0,5%

Per la parte eccedente € 50 milioni

0,1%

photo credit: Brian Jessel BMW cc

Dottore Commercialista e Revisore contabile a Trieste, se mi avessero domandato ai tempi dell’università “cosa farai da grande” non avrei mai risposto “il dottore commercialista”: ed invece ...

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