Rimborsi spese gonfiati: come funziona e i rischi dei furbetti

Il rimborso spese è talvolta sottovalutato nella gestione aziendale e amministrato con superficialità. Cosa accade se la nota spese è gonfiata?

Rimborsi spese gonfiati
 

Per esigenze aziendali contingenti a un lavoratore dipendente (o un collaboratore) può essere chiesto di prestare il proprio lavoro in una sede diversa rispetto alla sede di lavoro indicata nel contratto o nella lettera di assunzione.

Il rimborso delle spese che generalmente viene erogato dall’impresa al dipendente ha la funzione di indennizzare lo stesso dei costi sostenuti per lo spostamento dal luogo di lavoro abituale per poter svolgere le mansioni assegnate.

Da un punto di vista fiscale l’art 51 del D.p.r. 917/1986 si occupa di disciplinare il trattamento in capo ai lavoratori dipendenti e assimilati delle indennità e dei rimborsi spese percepiti. Il primo elemento da considerare è la destinazione del trasferimento temporaneo a cui è tenuto il dipendente:

  • nel caso di trasferte all’interno del territorio comunale eventuali rimborsi o indennità erogati concorrono a formare il reddito (con l’unica eccezione dei rimborsi delle spese di trasporto a condizione che siano comprovate da documenti che provengono dal vettore), indipendentemente dalle dimensioni del Comune dove viene effettuata la trasferta;
  • nel caso di trasferte fuori dal territorio comunale invece, vale la regola generale della non imponibilità del rimborso, con alcune eccezioni specificatamente individuate dalla normativa.

In particolare il comma 5 dell’art. 51 disciplina il trattamento fiscale delle indennità e dei rimborsi spese per le trasferte fuori dal territorio comunale, individuando tre sistemi di rimborso, l’uno alternativo all’altro:

Nel caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori dal territorio comunale non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente:

  • i rimborsi di spese documentate relativi al vitto, all’alloggio, al viaggio ed al trasporto;
  • i rimborsi di altre spese, anche non documentate eventualmente sostenute dal dipendente fino ad un importo massimo giornaliero di euro 15,49 per le trasferte in Italia ed euro 25,82 per le trasferte all’estero.
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Tali rimborsi non concorrono alla determinazione del reddito del dipendente purchè sia fornita dettagliata e comprovata documentazione a giustificazione delle spese sostenute.

Per ottenere il rimborso il lavoratore deve presentare una nota spese ovvero un’apposita richiesta indicando i dati relativi alla trasferta ed allegando la documentazione giustificativa delle spese sostenute di vitto, alloggio, viaggio e trasporto oltre che di eventuali altre spese.

Le spese di vitto e alloggio, sono documentabili attraverso fattura (che se intestata all’azienda consente anche la detrazione dell’IVA), ricevuta o scontrino fiscale, mentre per quanto riguarda le spese di viaggio e trasporto, per le quali non sono previste limitazioni al tipo di mezzo utilizzato dal dipendente, sono documentabili attraverso l’esibizione dei documenti di viaggio, quindi biglietti nominativi o ricevute rilasciate dal vettore. La stessa C.M. 188/E/1998 ha precisato che è sufficiente anche la documentazione costituita da biglietti anonimi.

L’importanza della precisione

Da un punto di vista amministrativo dunque, in considerazione anche delle possibili contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’impresa deve impostare una corretta e rigorosa procedura interna sia organizzativa che di natura contabile e fiscale per la gestione dei rimborsi: per poter essere esenti da tassazione per il dipendente e deducibili fiscalmente per l’impresa che lo eroga tali rimborsi devono essere giustificati sulla base di idonea documentazione.

E’ necessario quindi che la nota spese, che rappresenta il documento fiscalmente rilevante per l’azienda, sia:

  • nominativa per ciascun dipendente che richiede il rimborso,
  • dettagliata con tutte le spese sostenute,
  • documentata con tutte le pezze d’appoggio idonee e debitamente sottoscritta.

Fondamentale quindi il rispetto delle regole aziendali da parte del dipendente, al fine di assicurare trasparenza nell’erogazione del rimborso e per non assistere a spiacevoli episodi di “rimborsi spese gonfiati” o addirittura “rimborsi spese per trasferte fittizie”.

La fiducia tra impresa e dipendente

Attenzione a gonfiare la richiesta di rimborso spese: se il lavoratore dipendente presenta una nota dei costi superiore a quelli effettivamente sostenuti rischia il licenziamento.

Come infatti anche enunciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.  10069 del 17 maggio 2016 tale comportamento, infatti, genera una rottura del legame di fiducia tra l’azienda e il dipendente e, quindi, giustifica la cessazione del contratto di lavoro; tuttavia è bene precisare anche in un’altra recente sentenza la Corte di Cassazione (n. 8820/2017 ) ha affermato, in riferimento ad un licenziamento adottato nei confronti di lavoratori che presentano rimborsi spese per pranzi “gonfiati”, che è onere del datore di lavoro provare la fondatezza degli addebiti posti alla base del recesso e, in modo particolare, la prova della falsità della partecipazione di terzi ai pranzi per i quali si è richiesto il rimborso.

Merita infine mettere in evidenza che molto spesso le imprese, nel predisporre gli accordi contrattuali che autorizzano la trasferta, inseriscono apposite clausole di responsabilità nei confronti del lavoratore per prevenire casi di presentazione della nota spese “falsa” per trasferte mai effettuate o “erroneamente compilata”. In tali circostanze il lavoratore è soggetto alle sanzioni disciplinari previste dal diritto del lavoro, che possono essere diversificate in funzione della gravità del fatto, fino ad arrivare alla sanzione estrema del licenziamento.

E’ importante quindi, per arginare possibili intenti fraudolenti a danno dell’impresa dai quali la stessa possa trarne inconsapevolmente vantaggi fiscali implementare idonei sistemi organizzativi e procedure di controllo sia preventivi,  che consuntivi attraverso l’analisi accurata dei documenti giustificativi della trasferta.

Dottore Commercialista e Revisore contabile a Trieste, se mi avessero domandato ai tempi dell’università “cosa farai da grande” non avrei mai risposto “il dottore commercialista”: ed invece ...

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