Il linguaggio non verbale nel colloquio di lavoro: come “leggere” il candidato

Non si tratta di una scienza esatta e bisogna essere cauti nel trarre conclusioni, ma il linguaggio del corpo può dire molto a proposito di una persona. Anche in fase di colloquio

Il linguaggio non verbale nel colloquio di lavoro: come interpretarlo
 

Chi deve sostenere un colloquio di lavoro sa ormai benissimo tutto quello che bisogna o non bisogna fare per poter dare la migliore impressione di sé alla persona che lo intervisterà.

Basta una veloce ricerca su Google per trovare un’infinità di consigli e raccomandazioni, tra Personal Branding, PNL, controllo del linguaggio non verbale e chi più ne ha più ne metta.

Molta meno attenzione viene invece rivolta a chi dovrà valutare il candidato. Responsabili delle risorse umane, recruiter, selezionatori aziendali, cacciatori di teste o titolari di azienda che devono prendere decisioni che possono avere ripercussioni molto importanti per il futuro dell’attività che rappresentano. Tutti vorrebbero trovare il candidato perfetto a cui affidare un ruolo all’interno dell’azienda, ma il rischio di commettere errori di valutazione, scartando qualcuno di meritevole e/o assumendo la persona sbagliata è dietro l’angolo.

Oltre al CV, alle eventuali referenze e alle risposte che il candidato ha dato o meno alle domande a lui rivolte, è necessario saper cogliere ed interpretare nel modo giusto tutto ciò che rientra nella sfera del linguaggio del corpo, non verbale e paraverbale.

Una risposta soddisfacente accompagnata da un atteggiamento che ci appaia come non adeguato potrebbe indurci a pensare che il candidato non sia sincero o stia cercando di manipolarci. Ma è bene ricordare che si parla sempre di interpretazione, non di una scienza esatta. Dobbiamo quindi essere particolarmente cauti quando cerchiamo di comprendere segni, gesti, tic e comportamenti, senza mai estremizzarli e tenendo conto di tutte le possibili variabili. Cerchiamo, quindi di interpretare il linguaggio non verbale come una serie di indizi e non come segnali certi e inequivocabili, abbiamo bisogno di un bel po’ di indizi per iniziare a ritenere un indagato colpevole ;-)

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I movimenti delle mani, del volto e lo sguardo rappresentano in ogni caso la parte più importante del linguaggio del corpo, e ognuno di noi li utilizza prevalentemente come rafforzativi delle proprie parole. Ma analizziamo più in dettaglio i diversi elementi che compongono il linguaggio del corpo.

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La postura

Una persona dinoccolata, seduta in maniera scomposta o addirittura stravaccata difficilmente ci darà una prima impressione positiva. Questo atteggiamento denota in genere una mancanza di fiducia in sé stessi, ed è inoltre una forma di maleducazione e quindi di mancanza di rispetto nei confronti dell’interlocutore.

Se il candidato siede sul ciglio della sedia, sporgendosi leggermente verso di noi, possiamo invece dedurre che ci stia ascoltando con attenzione, che sia concentrato sulle nostre domande. Certo, se questo sporgersi verso di noi inizia a diventare eccessivo, fino ad invadere il nostro spazio, beh, allora saremmo indotti a pensare che stia cercando di prevaricarci.

Se mentre rivolgiamo le nostre domande al candidato questo si ritrae, potremmo pensare che si stia mettendo sulle difensive, ma è soprattutto quando linguaggio verbale e non verbale ci appaiono slegati che dobbiamo drizzare le antenne. Ad esempio, se il candidato ci sta raccontando con enfasi e trasporto di una sua esperienza, ma le sue spalle restano rigide e immobili, è abbastanza legittimo sospettare che stia recitando una parte a memoria per impressionarci, o che stia spudoratamente mentendo.

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I movimenti di mani e braccia

Come già sopra accennato, utilizziamo mani e braccia per rafforzare, enfatizzare, sottolineare ciò che stiamo dicendo. I gesti, quindi, ci sono di supporto per esprimere noi stessi. Ma tra essere espressivi ed essere teatrali c’è una certa differenza. Diffidiamo, quindi, di chi si sbraccia eccessivamente, perché potrebbe essere un tentativo di affabularci enfatizzando argomenti in realtà poco consistenti. Se il candidato tende a puntarci contro l’indice, possiamo pensare che abbia un temperamento autoritario, cosa che potrebbe rappresentare un plus in certe situazioni o uno svantaggio in altre – ad esempio se l’attività a cui potrebbe essere destinato comporti un lavoro in team.

Se durante il colloquio il candidato incrocia le braccia, potremmo pensare che si stia mettendo sulla difensiva, o si senta comunque a disagio. Ma può essere anche la reazione naturale al fatto di doversi confrontare con uno sconosciuto. Se durante il colloquio scioglierà le braccia, avremo quindi un segnale positivo, perché vuol dire che stiamo iniziando ad instaurare una rapporto di fiducia.

Toccarsi ripetutamente la faccia, i capelli, grattarsi il collo o la gola sono tutti segni che denotano stress e nervosismo. Il candidato è nervoso perché ci sta mentendo? O è semplicemente emozionato perché tiene veramente ad ottenere questo lavoro?

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Tic nervosi

È abbastanza comprensibile che il candidato possa essere un po’ nervoso quando si presenta al colloquio, qualche tic soprattutto nella fase iniziale dell’intervista è accettabile. Ma ci si aspetta che nel corso del dialogo il candidato si rilassi. Se invece il tic si manifesta soltanto in un determinato punto del colloquio, se ad esempio il candidato inizia a giocherellare con la penna o a tamburellare le dita, può significare che abbiamo toccato un nervo scoperto, un punto debole, un argomento che lo mette a disagio.

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Contatto visivo

Quante volte hai sentito dire cose come “gli occhi sono lo specchio dell’anima”? Certo, gli occhi e lo sguardo comunicano tantissimo e possono fornirci numerosi indizi sullo stato d’animo o il carattere di una persona. Mantenere il contatto visivo con il proprio interlocutore denota di solito fiducia e sincerità. Diventa decisamente più difficile fidarsi di qualcuno che distoglie continuamente lo sguardo mentre parliamo con lui o sembra fissare un oggetto misterioso alle nostre spalle. Quantomeno, possiamo essere abbastanza certi che non sia interessato a ciò che stiamo dicendo, che non gli dia importanza o che non veda l’ora di cambiare argomento.

Se invece il candidato ci fissa dritto negli occhi ininterottamente, denota un’indole autoritaria, prevaricante, o semplicemente maleducata. Normalmente, è bene mantenere il contatto visivo distogliendo brevemente lo sguardo ogni sette-dieci secondi, ma è anche vero che a buona parte delle persone viene spontaneo distogliere lo sguardo e guardare in alto quando stanno cercando di ricordare qualcosa o si stanno concentrando.

Chi sta mentendo, contrariamente a quanto si crede, tende a fissare negli occhi l’interlocutore, perché in quel momento sta cercando di dominarlo e di assicurarsi che l’interlocutore se la beva.

Anche in questo caso, quindi, oltre al segnale non verbale dobbiamo sempre considerare situazione, ambiente e tutte le variabili del caso.

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Stretta di mano

La stretta di mano è uno dei gesti con cui comunichiamo abitualmente. In generale, siamo portati ad interpretare una stretta di mano ferma e decisa come un segno di fiducia e di stima reciproca. Una stretta di mano debole ed impacciata è sintomatica di timidezza e nervosismo, mentre una stretta troppo forte, che arrivi a dare fastidio se non addirittura a fare male è un chiaro segno di aggressività e scarsa stima nei nostri confronti, oppure può significare che il candidato stia cercando di apparire per quello che non è, ostentando una sicurezza che in realtà non gli appartiene.

La virtù, come quasi sempre, sta nel mezzo. Una stretta di mano decisa ma non troppo accompagnata da un sorriso sincero, è un ottimo biglietto da visita. Ricordiamoci anche di osservare la differenza tra come il candidato ci stringe la mano quando si presenta e quando si congeda. Ci aiuterà a capire come secondo lui è andato il colloquio e cosa si aspetta dal nostro incontro.

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Mirroring

Quando interagiamo con qualcuno, può capitare che inconsciamente ne rispecchiamo i gesti. È un modo per “allinearci” con l’interlocutore e per stringere un rapporto di fiducia. Ad esempio, sorridiamo, incrociamo le braccia o accavalliamo una gamba se lo fa chi ci sta di fronte.

Se ci accorgiamo che il candidato ci sta rispecchiando, magari mentre siamo noi a condurre il discorso, cerchiamo di capire se lo sta facendo involontariamente. Se così fosse, vuol dire che in quel momento abbiamo tutta la sua attenzione. Se invece abbiamo la sensazione che lo stia facendo di proposito, allora meglio stare in guardia. Potrebbe essere una strategia per compiacerci.

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Prudenza, sempre

Interpretare i segnali del linguaggio non verbale non è cosa da poco. È una tecnica che si apprende in anni ed anni di esperienza, e che presuppone innanzitutto la massima apertura mentale possibile. Non esistono solo bianco o nero, ma una infinità di sfumature di grigio, per ogni singolo elemento del linguaggio del corpo. Un tic, un gesto, un comportamento non possono essere considerati in modo isolato, ma come parte di un tutto, ovvero di quella totalità rappresentata da una determinata persona in una determinata situazione.

Un segnale che può denotare disonestà può essere un semplice sintomo di timidezza. E se anche così fosse, l’eventualità che la persona stiamo selezionando sia davvero timida, potrà pregiudicare il lavoro che intendiamo affidarle?

Bisogna poi tenere conto dei fattori culturali. Se per un occidentale sostenere lo sguardo dell’interlocutore può – entro certi limiti – essere considerato un segnale positivo, nelle culture orientali è invece un chiaro segno di sfida e arroganza. Un candidato di origini asiatiche che mentre ci parla tiene lo sguardo rivolto verso il basso non sarà timido, sarà semplicemente educato.

Anche noi dobbiamo tener conto di queste variabili per calibrare il nostro atteggiamento nei confronti dei candidati, in modo di non metterli eccessivamente sotto pressione o a disagio. Se abbiamo la sensazione di trovarci di fronte ad una persona timida, cerchiamo di evitare di squadrarla, fissarla negli occhi o di avere una postura troppo dominante.

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Alcune dritte

  • Osserva attentamente ogni gesto, tic o comportamento del candidato, facendo attenzione ai segnali più ricorrenti e compulsivi. Un conto è se si passa un paio di volte la mano tra i capelli, un altro è se per tutta la durata del colloquio controlla ossessivamente l’orologio o consulta il suo smartphone.
  • Trovale differenze. La stretta di mano prima e dopo il colloquio. Le braccia conserte e una posizione più aperta. Il contatto visivo che viene distolto. Un tic che si manifesta o che si interrompe. Cosa è successo? In quale occasione il candidato ha modificato la propria postura o il suo comportamento?
  • Unisci i punti. Non bisogna interpretare ogni singolo segnale in modo isolato. Il candidato ha incrociato le braccia? Magari semplicemente l’aria condizionata del tuo ufficio gli ha messo freddo. Nel dubbio, chiediglielo. Certo, se vedi che stringe i pugni, irrigidisce schiena e spalle, accavalla le gambe, incrocia le braccia e si si ritrae, beh… probabilmente c’è qualcosa che non va.
  • Poni delle domande mirate. Se i segnali non verbali ti fanno intuire che il candidato stia cercando di dissimulare, o che che sia evasivo su determinate questioni, affrontale in modo diretto, scava più in profondità e cerca di capire se la tua sensazione era fondata o meno.
  • Attenzione all’istinto. L’istinto è un alleato prezioso per qualunque selezionatore o reclutatore. Ma va coltivato con anni ed anno di esperienza. Un recruiter di lungo corso potrà permettersi il lusso di affidarsi al proprio istinto per cogliere con pochi sguardi tutti i segnali di cui ha bisogno per fare una valutazione preliminare del candidato. Ma per chi non ha maturato l’esperienza necessaria, ad esempio il titolare di una piccola agenzia che sta cercando un collaboratore, l’istinto può essere la madre di tutti gli errori.
    Attenzione, quindi: ok ai campanelli d’allarme, ma non essere categorico perché quasi sicuramente non te lo puoi ancora permettere.

Classe 83. Trevigiano di nascita ma Internettiano d’adozione. Non ho ricordi di casa mia senza un computer. La prima volta che ho messo piede sul web avevo 12 anni, Google ancora non esisteva e ci volevano ...

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