La locazione a uso alberghiero di parti comuni del condominio tra complessità e soluzioni possibili

Quali sono le caratteristiche, limitazioni e implicazioni derivanti dalla locazione ad uso alberghiero delle parti comuni di un condominio

La locazione a uso alberghiero di parti comuni del condominio
 

Spesso nel condominio esistono beni comuni che, a un certo punto della vita, l’assemblea condominiale decide di mettere a reddito e dunque cerca di affittarlo. La cosa necessita di attenzione, ma non è impossibile. A volte, tuttavia, può essere più complicato in quanto la locazione delle parti comuni del condominio proposta è una locazione ad uso alberghiero. Si pensi ad un appartamento del portiere (a servizio soppresso) o ad una cantina o un magazzino che potrebbero essere funzionali a un’attività alberghiera esistente.

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Caratteristiche della locazione ad uso alberghiero di parti comuni

La locazione ad uso alberghiero prevede una durata minima più lunga rispetto a quelle ad uso commerciale semplice, essendo previsto – dalla L.392/1978 – che il contratto deve durare almeno nove anni e si rinnova automaticamente per ulteriori nove, tranne rare eccezioni in cui il locatore (in questo caso il condominio) deve dimostrare di avere particolari esigenze che non consentono il rinnovo del contratto.

A parte la lunga durata, esistono anche altri motivi, ben più complicati, che incidono sulla scelta del condominio di attuare o meno un contratto di questo di tipo.

La locazione commerciale, di cui la locazione uso alberghiero fa parte, prevede che al termine del contratto, per qualunque causa non imputabile al conduttore, il locatore deve restituire al conduttore ventuno mensilità dell’ultimo canone a titolo di indennità dell’avviamento commerciale.

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Il concetto è semplice: il conduttore – parte presunta debole nel contratto di locazione – deve essere tutelato nel momento in cui viene mandato via, perché ha sviluppato un flusso di introiti legati al luogo in cui ha esercitato l’attività e spostandosi, su richiesta del locatore, perde parte del profitto prevedibile derivante dalla continuità. In parole povere se per diciotto anni un albergo è in un palazzo e poi si deve spostare in un altro è facile che perda parte della clientela e deve ricominciare a costruire il proprio nome e la propria credibilità in un altro luogo.

Ma vi è di più. Laddove entro un anno dalla disdetta lo stesso locatore poi affitti nuovamente il bene ad altro soggetto per esercitare ugualmente un’attività alberghiera, il danno per l’ex conduttore è molto più elevato e quindi la norma prevede che il locatore debba pagare all’ex conduttore un’ulteriore ingente somma (ulteriori 21 mensilità), di fatto annullando gli ultimi tre anni e mezzo di canone percepito.

Nella pratica esistono ovviamente una serie di soluzioni che consentono al locatore di ridurre i danni economici legati alla cessazione del contratto e per questo è bene che i contratti vengano scritti da avvocati esperti del settore.

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Presupposti e condizioni necessarie per avviare una locazione ad uso alberghiero

In merito al quorum deliberativo necessario è necessario distinguere il caso in cui la locazione sia stipulata per la durata minima contrattuale (nove anni) o se si decida per una durata maggiore. Nel primo caso sarà sufficiente la maggioranza semplice prevista dall’art.1136 del codice civile; nel secondo sarà necessaria l’unanimità ai sensi dell’art.1108 del codice civile.

Si potrebbe ritenere che l’unanimità sarebbe in ogni caso richiesta per contratti di questo tipo, motivando in considerazione del fatto che la durata del contratto, compreso il rinnovo “obbligatorio”, superi decisamente i 9 anni. Un mero calcolo matematico del contratto ed il rinnovo non è però motivo sufficiente per imporre un limite così significativo alla volontà assembleare (anche perché lo stesso discorso varrebbe per l’uso non abitativo semplice, durata 6+6).

Si potrebbe dunque argomentare sostenendo che il condominio non avrebbe la possibilità di non rinnovare il contratto alla prima scadenza, perché le motivazioni specifiche del diniego di rinnovo non sono praticamente mai esercitabili dal condominio.

A ciò si potrebbe rispondere ricordando l’assenza di personalità giuridica del condominio e come, dunque, le esigenze previste dall’art.29 della L.392/1978 per legittimare il diniego di rinnovo potrebbero essere in capo anche ad uno solo dei condomini. Tuttavia la strada più semplice è ricordare che il contratto ha la durata di nove anni e poi si rinnova, quindi riproduce se stesso, per altri nove. La durata del contratto è nove anni, puramente e semplicemente.

Concludendo, laddove il condominio volesse locare un bene comune ad uso alberghiero, con un contratto “standard” 9+9, in termini di quorum sarebbe sufficiente la maggioranza semplice, ma bisognerà fare molta attenzione alla contrattazione delle singole clausole al fine di ottenere un contratto economicamente valido e realmente interessante per il condominio.

Avvocato civilista e Presidente del Polo di Diritto Immobiliare. Sopravvissuto ad un'infanzia senza smartphone e tablet, conduco il mio studio legale a tempo pieno e cresco le mie figlie a tempo pieno... ...

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