Il passaggio generazionale è uno dei momenti più delicati e critici nella vita di un’impresa familiare. Tuttavia, ancora troppo spesso gli imprenditori affrontano da soli questo passaggio cruciale, con il rischio di trascurare alcuni aspetti fondamentali in grado di determinare il successo o il fallimento del passaggio di testimone.
Fattori come la rivoluzione digitale, l’evoluzione dei mercati, i diversi modi di rapportarsi a fornitori e clienti implicano radicali cambiamenti, che possono essere agevolati dalla spinta delle nuove generazioni e dall’introduzione in azienda di nuove competenze. Tutto ciò deve però essere supportato da una coesione familiare assunta come valore primario da tutti i componenti della famiglia proprietaria dell’attività.
Esistendo una infinita varietà e diversità di imprese familiari, nella maggior parte ogni imprenditore tende a considerare il proprio caso come un unicum isolato e differente da tutti gli altri, rifiutando più o meno consapevolmente qualunque confronto con realtà similari, e soprattutto non ritiene utile consultare i risultati di ricerche e studi sul tema del passaggio generazionale. Tale situazione è ancora più radicale nel caso delle molte attività “padronali”, così tipiche di quella “cultura del capannone” che ancora delinea il panorama della piccola e media impresa italiana.
Nel 2016, Assolombarda ha condotto uno studio approfondito sull’argomento, mettendo a punto una esaustiva Guida per i passaggi generazionali, redatta dai Professori Guido Corbetta e Alessandro Minichilli, dell’università Bocconi, AIdAF- EY Chair in Strategic Management of Family Business in memory of Alberto Falck.
Sebbene contenga diversi riferimenti dedicati ad aziende anche di grandi dimensioni e molto strutturate, il breve estratto che andiamo ad esporre può essere utile anche per realtà imprenditoriali più piccole. Il succo del discorso resta che, partendo dal principio che il bene dell’impresa è superiore a qualsiasi interesse di parte, sia possibile definire alcune condizioni da seguire.
Indice dei contenuti
- 1 Passaggio generazionale: la separazione tra impresa e famiglia
- 2 Applicare un sistema di governance all’impresa familiare
- 3 Valutare la “competenza” più della “appartenenza”
- 4 Definire le regole condivise per il cambiamento
- 5 Passaggio generazionale e imprevisti: profilo patrimoniale
- 6 Pianificare l’obiettivo e il processo del passaggio generazionale
- 7 Coinvolgere “attori terzi” nel passaggio generazionale
Passaggio generazionale: la separazione tra impresa e famiglia
Una impresa familiare si distingue da una normale impresa in quanto:
- Il numero dei soci è relativamente ristretto;
- i legami tra i soci e tra i soci e l’azienda sono molto profondi e radicati;
- svincolarsi dalla proprietà è particolarmente complicato, per motivi economici e soprattutto emotivi.
L’impresa viene di solito intesa secondo due concezioni agli antipodi:
- L’impresa viene vista come qualcosa di distinto e autonomo rispetto alla famiglia, privilegiandone la continuità rendendosi aperti a soluzioni come l’apporto di capitali non familiari o al contributo di manager esterni, nel caso che le risorse e le competenze presenti nell’ambito familiare non siano sufficienti a garantire competitività e sviluppo all’impresa.
- L’impresa è considerata uno strumento a disposizione della proprietà per perseguire propri interessi. Non vengono contemplati piani di sviluppo che comportino l’ingresso di soci non familiari, e tutti i benefici sono rivolti all’interno della famiglia, con conseguente rischio di abuso degli asset aziendali e la selezione delle cariche manageriali esclusivamente all’interno dell’ambito familiare.
La prima concezione è tipica di una proprietà definita responsabile, che costituisce la base portante di un passaggio generazionale di successo, in quanto se l’impresa consegue buoni risultati la famiglia può trovare i modi per rimanere unita, ma nel momento in cui l’impresa declina quasi sempre ciò è motivo di liti e divisioni in famiglia.
Applicare un sistema di governance all’impresa familiare
Una proprietà responsabile che intenda privilegiare la continuità aziendale, si munirà di un adeguato sistema di governance.
Tale sistema dovrà necessariamente implicare:
- una qualche separazione tra i tavoli «familiari» e quelli «gestionali»;
- una chiara accountability con separazione di ruoli;
- la definizione del ruolo del Presidente;
- la cura nel comporre il CdA, se possibile con membri esterni ed indipendenti dalla famiglia.
Il ruolo del Presidente non è molto diverso da quello svolto dai Presidenti in imprese non familiari, ma in questo caso è richiesta una particolare sensibilità al dialogo con i familiari.
Il contributo dei consiglieri indipendenti, invece, deve tradursi in una maggiore trasparenza della gestione, una maggiore obiettività nei processi decisionali e di valutazione dei familiari, un uso più efficiente del tempo nel Consiglio di Amministrazione.
Valutare la “competenza” più della “appartenenza”
La cultura del merito, che quindi valorizzi la “competenza” più della “appartenenza” affonda le proprie radici nei sistemi valoriali più profondi degli individui e, quindi, anche delle famiglie imprenditoriali. Il valore del merito deve essere trasmesso alle nuove generazioni fin dall’infanzia, e deve:
- basarsi sui risultati raggiunti (le performance) e non soltanto sulle buone intenzioni;
- basarsi sull’analisi delle competenze, delle inclinazioni personali e professionali, dell’adeguatezza tra tali competenze le necessità aziendali;
- coinvolgere nella valutazione i membri più anziani della famiglia e “attori terzi”, assicurando così l’assenza di conflitti di interesse o di valutazioni di parte.
Può capitare che all’interno di una famiglia si pensi che anche un figlio o una figlia meno capaci potrebbero imparare a guidare l’azienda, magari con l’aiuto di un manager non familiare.
La complicazione aumenta in famiglie imprenditoriali composte da vari rami, rendendo estremamente complesse le comparazioni tra i figli di uno o dell’altro familiare.
Il rischio è quello di cadere nel nepotismo, che assegna posizioni di responsabilità a persone inadatte o incapaci, scatenando una serie di problemi a catena in cui vengono coinvolti i giovani familiari, che si scontreranno necessariamente con gli altri manager – familiari e non – , gli altri manager e i dipendenti, l’azienda stessa, con conseguente rischio di demotivare e allontanare i propri collaboratori.
La cultura del merito non implica che i giovani familiari incapaci o inadatti siano privati dei loro diritti, ma che nel loro interesse siano guidati nel prendere coscienza dei propri limiti individuando ruoli loro adatti all’interno o all’esterno dell’azienda, o al limite ad esercitare solo il ruolo di proprietari consapevoli ed informati.
Definire le regole condivise per il cambiamento
Ogni processo di cambiamento richiede un insieme di condizioni difficilmente schematizzabili.
Nel caso di un passaggio generazionale, la trasmissione all’interno della famiglia di una serie di valori (professionalità, cultura del merito, umiltà e rispetto dell’azienda) è molto importante per il buon esito del processo. Ma non basta.
Per questo, è necessario pianificare in modo tempestivo i cambiamenti e le “regole”, ad esempio:
- valutando tutte le opzioni, ma scartando rapidamente quelle impossibili;
- dando precedenza alla competitività dell’impresa rispetto agli equilibri familiari;
- considerando congiuntamente famiglia, proprietà e impresa, nel prevedere la distribuzione delle quote proprietarie.
Easyfatt è il software gestionale utilizzato ogni giorno da oltre 100.000 imprese italiane.
In quest’ottica, ad esempio, la scelta di un leader tra i vari figli o figlie di un fondatore deve tener conto della distribuzione prevista delle quote di proprietà e dello stato delle relazioni personali tra loro. Inoltre, è bene prevedere strutture giuridiche volte a favorire il costituirsi di una maggioranza, evitando blocchi decisionali e favorendo l’eventuale uscita di familiari dissenzienti.
La definizione di regole condivise, tuttavia, rischia di non essere sufficiente se non avviene in modo tempestivo: la pianificazione delle fasi e delle modalità del processo di ricambio generazionale è efficace solo e soltanto se avviata per tempo, ossia quando la generazione uscente è nel pieno delle proprie capacità, e con un orizzonte temporale di attività ancora sufficiente lungo.
In caso contrario, la condivisione di regole rischia di avvenire in maniera affrettata (o, peggio, di non avvenire), mentre la pianificazione rischia di lasciare spazio alla gestione dell’emergenza e dell’imprevisto.
Passaggio generazionale e imprevisti: profilo patrimoniale
Un’altra condizione che facilita un processo di ricambio generazionale consiste nel predisporre per tempo un adeguato profilo patrimoniale delle famiglie collegate, tenendo conto delle condizioni economiche – reddituali, finanziarie e patrimoniali – delle imprese e delle famiglie, nonché delle norme civili e fiscali.
Tutto questo è importante per far sì che:
- una parte del patrimonio familiare sia sempre disponibile per imprevisti;
- attingendo al patrimonio familiare si possano “liquidare” i soci non interessati o non graditi;
- il patrimonio venga frazionato tra familiari, riducendo così gli oneri in caso di morte improvvisa di uno di essi.
Pianificare l’obiettivo e il processo del passaggio generazionale
Il segreto di molti passaggi generazionali di successo sta nell’atteggiamento con cui questo viene affrontato, privilegiando una prospettiva “di processo” rispetto ad una rigida visione “per obiettivi”.
Mentre l’ottica per obiettivi porta a rifiutare tutti gli accadimenti non previsti da un piano originariamente formulato e tempificato, l’ottica di processo consiste nel formulare una visione di uno stato futuro basata sulle informazioni disponibili nel presente e nell’adattare le varie fasi della successione alle nuove conoscenze ed informazioni che si rendono disponibili nel corso del processo. Ciò è tanto più rilevante in un processo di ricambio generazionale, che può protrarsi anche per decenni.
Coinvolgere “attori terzi” nel passaggio generazionale
La presenza di “attori terzi” – ossia persone o istituzioni terze rispetto alla famiglia proprietaria – è solitamente una delle condizioni indispensabili per superare una fase delicata come un passaggio generazionale. Tali attori apportano solitamente tre diversi contributi:
- colmare eventuali carenze di conoscenza dell’imprenditore;
- scardinarne la convinzione che il proprio caso sia unico e particolare;
- ridurre l’area delle emozioni ampliando quella delle valutazioni tecnico-economiche.
Perché l’attore terzo sia efficace, è necessario che:
- possa godere della fiducia di tutte le parti in gioco e, soprattutto, del leader dell’impresa o della famiglia, mostrando competenza tecnica, ma anche trasparenza ed autonomia di giudizio;
- sappia stimare e condividere i valori di fondo delle persone coinvolte direttamente nel processo;
- sia in grado di assumere un comportamento paziente ma fermo durante tutte le fasi del processo;
- le parti in causa devono essere disponibili ad ascoltare le proposte e le idee dell’attore terzo, mettendo anche in discussione le proprie convinzioni.
Quelle appena elencate sono 7 condizioni che, al netto delle differenti situazioni particolari, sono da ritenersi indispensabili per superare con successo la delicata fase del passaggio generazionale.
Per approfondire l’argomento più in dettaglio, rimandiamo alla Guida per i passaggi generazionali: condizioni di successo, errori da evitare e case history
Leggi anche l’articolo sul passaggio generazionale
Come sempre mi capita quando mi viene chiesto di parlare di me, mi ritrovo in grande difficoltà. Questo perché le definizioni mi sono sempre andate strette. Quello che posso dire su di me è che sono ...
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