La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta in tema di riparto delle spese di riscaldamento nell’ambito di un giudizio ove si discuteva circa la correttezza di un riparto condominiale adottato in conformità ad una delibera della Giunta Regionale Lombarda (la quale ammette la ripartizione in questi termini: 50% millesimi, 50% consumi volontari). La delibera oggetto di impugnativa era antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 102/2014.
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 28282 del 04.11.2019 ha affermato il seguente principio:
“Le spese del riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri operata, sebbene in parte, alla stregua dei valori millesimali delle singole unità immobiliari”.
È opportuno chiarire immediatamente un aspetto fondamentale: tale affermazione di diritto è condivisibile, ma – a mio parere – non determina l’eliminazione della cosiddetta “quota involontaria”.
A tal proposito è opportuno ricordare quanto previsto dal Decreto legislativo n. 102/2014; l’articolo 9 di suddetta norma affronta la misurazione e la fatturazione dei consumi energetici.
Il comma 5 dell’articolo 9 afferma, testualmente, quanto segue:
“Per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle medesime”.
Seguono poi le varie prescrizioni in tema di ripartizione della spesa; alla lettera (d) è prevista l’applicazione della norma tecnica UNI 10200 la quale, a sua volta, distingue fra consumi volontari (quota ripartita in base alle letture dei contabilizzatori) ed involontari (quota ripartita in base al fabbisogno energetico di ogni appartamento).
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La lettera (d) prevede altresì la possibilità (in presenza delle condizioni tecniche ivi indicate) di suddividere “l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate”.
Ritengo pertanto che la pronuncia della Corte di Cassazione non intenda (e neppure possa) cancellare le modalità di ripartizione previste dal Decreto Legislativo 102/2014.
Il tema meriterà ulteriori approfondimenti da parte della dottrina e della giurisprudenza. Nel frattempo, sottolineo due ulteriori principi affermati dalla sentenza:
- Una delibera di Giunta Regionale non può derogare ai principi di ripartizione delle spese condominiali già fissati dalla legge statale.
- In caso di mancanza dei contatori, le spese di riscaldamento dovranno essere ripartite in ragione dei valori millesimali; sul punto, si riporta un ulteriore estratto della sentenza n. 28282 del 04.11.2019:
“L’interpretazione giurisprudenziale ha parimenti precisato che le spese del riscaldamento centralizzato possono essere validamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite solo ove manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna di esse, che ne consentano il riparto in proporzione all’uso”.
Ideatore di Condominio Semplice (aggiornamento sintetico e concreto in ambito condominiale). Sono un avvocato e mi occupo esclusivamente ...
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