L’uso della corrente elettrica condominiale: una riflessione sui limiti

Cosa sancisce la normativa in materia e quando l’utilizzo viene considerato illecito. Parola all’esperto

L'uso della corrente elettrica condominiale: quali sono i limiti
 

Stabilisce l’articolo 1117 del codice civile, come novellato dalla L.220/2012, che:

“Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unita` immobiliari dell’edificio, […] i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione […]  per l’energia elettrica”.

Laddove i detti sistemi centralizzati abbiano – come di consueto – delle prese esterne alle quali sia possibile l’allaccio non clandestino, anche queste hanno natura comune.

Il fatto di essere di proprietà comune è generalmente inteso come destinazione ad uso comune, ad esempio la ditta che fa le pulizie può collegare l’aspirapolvere all’impianto di corrente elettrica o cose del genere. Non è invece consentito che un singolo condomino si colleghi all’impianto comune in modo stabile o frequentemente ripetuto per soddisfare bisogni individuali (dalla necessità di effettuare lavori nel proprio appartamento alla semplice necessità di ricarica di apparecchi elettrici quali telefoni cellulari ecc.).

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La corrente elettrica è considerata un bene mobile, ai sensi dell’articolo 814 del codice civile, in quanto energia naturale che ha valore economico. Se è il valore economico ciò che la rende bene mobile, allora è anche soggetta di appropriazione indebita (ed in tal senso si veda esplicitamente l’articolo 624 del codice penale).

La questione è però se e quando l’uso di un bene comune da parte di un condomino possa essere considerato illecito. L’articolo 1102 del codice civile sancisce il diritto di ogni comproprietario di utilizzare il bene comune “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. Sembrerebbe quindi che ogni condomino potrebbe usare del bene comune ‘corrente elettrica’ entro i suddetti limiti. Tuttavia qualcosa non torna.

A ben vedere l’articolo 1102 stabilisce che il comproprietario possa usare del bene comune, ma non che possa addossare le spese dell’uso del bene comune agli altri comproprietari. Il che vuol dire che la corrente elettrica – essendo bene che si paga in base al consumo – non potrà essere legittimamente utilizzata (rectius consumata) dal singolo condomino a meno che, a monte della presa di corrente utilizzata, non venga installato un contatore a defalco che consenta di quantificare il consumo stesso e si possa, così, addebitare al singolo condomino il costo dell’energia elettrica consumata.

Esempio

Si pensi ai box auto di un condominio, dove uno dei condomini, invece di parcheggiare la propria vettura, ritenga utile usare il proprio spazio chiuso come magazzino di un’attività di ristorazione, inserendo all’interno anche frigoriferi o freezer per conservare i propri beni. E decida di collegare tali elettrodomestici alla presa di corrente condominiale. Di certo non si qualifica come uso saltuario o accidentale del bene comune.

Né si può considerare insignificante il consumo di energia elettrica che tali elettrodomestici effettuano – essendo attivi 24 ore su 24. Facilmente il bilancio condominiale sarà decisamente alterato per la voce ‘consumo elettrico’, ma la gran parte della spesa dovrà essere imputata come spesa individuale a carico del condomino ristoratore. La quantificazione di tale importo sarà possibile tramite l’installazione di un contatore a defalco.

Photo credit: Recuerdos de Pandoracc.

Avvocato civilista e Presidente del Polo di Diritto Immobiliare. Sopravvissuto ad un'infanzia senza smartphone e tablet, conduco il mio studio legale a tempo pieno e cresco le mie figlie a tempo pieno... ...

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