Secondo la ricerca Cerved pubblicata il 25 gennaio su Industria Felix Magazine, le PMI italiane caratterizzate da forte competenze e potenzialità in ambito digitale (digital capability) sono quasi 15 mila, corrispondenti al 9,1% delle piccole medie imprese nazionali, e localizzate principalmente nelle province di Treviso, Milano e Rimini. Di contro, lo studio ha evidenziato un quadro diverso nel Sud Italia e tra le microimprese dove si registra ancora qualche ritardo.
Gli effetti della pandemia da Covid-19 su scala globale stanno portando a significativi mutamenti dei paradigmi economici e a sostanziali modifiche nelle abitudini delle imprese.
Un costante aumento dei processi di digitalizzazione appare quindi inevitabile, a causa non soltanto delle soluzioni che le imprese hanno dovuto adottare per tenere il passo (es. incremento dell’e-commerce, smart working, riunioni online…) ma anche dei cambiamenti nel comportamento e nelle esigenze dei consumatori.
La transizione digitale, quindi, è diventata uno dei principali obiettivi dell’Unione Europea, che ha destinato gran parte delle risorse comunitarie del Next Generation EU (Il piano per la ripresa dell’Europa) su ciò che sempre più si configura come uno dei punti chiave dei piani di rilancio.
Nel nuovo scenario economico post Covid, le aziende maggiormente digitalizzate avranno quindi un largo vantaggio in termini di ottimizzazione delle risorse e di incremento delle performance, come è facile intuire dai dati relativi al livello di digitalizzazione negli ultimi quindici anni delle aziende italiane rispetto a quelle degli altri Paesi europei.
La differenza di produttività e di crescita che ha caratterizzato il sistema produttivo italiano dal 1995 a oggi, infatti, appare strettamente correlata con una più lenta adozione delle tecnologie digitali, con uno 0,1% annuo rispetto all’1,1% della Germania e all’1,4% degli Stati Uniti a fronte di una crescita del capitale IT pari a 1,5X in Italia contro multipli pari a 4X in Germania e 4,6X negli Stati Uniti.
Indice di crescita e competenze digitali
Il Growth Index (indice di crescita) sviluppato da Cerved è uno score sintetico che misura la propensione alla crescita delle aziende in chiave prospettica. L’indice di crescita è costituito da quattro diverse componenti la cui integrazione restituisce una panoramica completa e multidimensionale sulle prospettive di crescita delle aziende:
- Organizzazione e performance;
- Potenzialità del settore;
- Dinamicità del territorio;
- Digital capability dell’azienda.
Questo ultimo punto, in particolare, integrando le informazioni ufficiali sulle imprese innovative e score proprietari alimentati da big data e da tecnologie di machine learning, offre una misura del grado di innovazione, della cultura digitale e del posizionamento sul web e social media per tutte le imprese italiane, rappresentando il seguente scenario:
- 14.506 PMI italiane (9,1%) presentano elevata propensione alla digitalizzazione;
- 32.182 PMI (20,3%) con moderata propensione alla digitalizzazione;
- 112.178 (70,6%) evidenziano bassi livelli di digitalizzazione.
Digitalizzazione e filiere produttive
Easyfatt è il software gestionale utilizzato ogni giorno da oltre 100.000 imprese italiane.
Per quanto riguarda la distribuzione tra le diverse filiere produttive, in termini assoluti quella della chimica e della meccanica presenta il maggior numero di PMI digitalizzate (3.330), a cui seguono quelle dell’ICT (2.311) e dell’alimentare e ristorazione (1.833).
In termini percentuali, invece, la quota più alta di PMI con elevata propensione digitale (31,6 del totale) si riscontra nella filiera ICT.
Tra i risultati meno attesi, è interessante evidenziare l’alta incidenza di imprese con elevata digital capability nella filiera del mobile e degli arredi (18,7%) e del sistema persona (11,1%).
Ai livelli più bassi, invece, le filiere delle costruzioni (5,7%) e dei trasporti (5,0%).
Digitalizzazione e territorio
A livello territoriale, la ricerca Cerved evidenzia un forte divario tra le province del Nord e quelle del Sud Italia, dove bassi livelli di digitalizzazione sono dovuti anche a forti gap infrastrutturali.
Le province con più elevate percentuali di PMI fortemente digitalizzate sono Treviso (14,0%), Milano (13,7%) e Rimini (12,9%), mentre in termini assoluti, le province con il maggior numero di PMI fortemente digitalizzate sono Milano (2.440), Roma (1.055), Torino (591) e Treviso (483).
Le province meridionali con più aziende digitalizzate sono Napoli (341) e Bari (252), ed in ogni caso nessuna provincia del Centro-Sud è in grado di raggiungere la quota nazionale di PMI a forte digitalizzazione (9,1%), con i livelli più alti fatti registrare a Bari (7,9%), Avellino (7,5%) e Trapani (7,3%).
Conclusione
Questa grande differenza tra le PMI italiane e i differenti approcci all’innovazione digitale induce a pensare che non possa esistere un unico approccio programmatico in grado di soddisfare le necessità di tutte le imprese, ma che sia invece necessario intraprendere azioni che tengano conto delle diversità del sistema produttivo nazionale da cui emerge un quadro molto chiaro. Se da un lato molte PMI italiane presentano un elevato grado di competenze e propensione all’innovazione digitale, ad esempio nei campi del machine learning e dell’intelligenza artificiale, la maggior parte di queste (oltre il 70%) si dimostrano ancora impreparate alla transizione digitale. Queste ultime, pertanto, devono essere accompagnate in questo percorso attraverso iniziative di formazione e cultura digitale.
Dal 2001 scrivo per siti internet e blog (passando per quelle che una volta erano le webzine, le community, ecc ecc). Lavoro in proprio come freelance e collaboro con diverse agenzie di comunicazione e ...
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