Mettersi in proprio e lasciare il posto fisso senza impazzire nel passaggio

Se hai dubbi che lavorare in proprio faccia al caso tuo, concediti un periodo di “test-drive” per valutare la fattibilità della tua idea di business.

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Abbiamo deciso che è arrivato il momento di mettersi in proprio, di lasciare il posto fisso per dedicarci finalmente a quell’idea d’impresa che ci ronza in testa da un po’. Si tratta di un bel salto, di un vero e proprio cambio di vita che, se da una parte si presenta come molto elettrizzante, dall’altra può spaventare fino al punto di rimandare il passaggio oppure renderlo un vero e proprio inferno.

Un’idea molto saggia, da attuare prima di lasciare il lavoro a tempo indeterminato, è quella di testare la propria idea di business. Valutare la fattibilità della nostra nuova avventura ci permette in primis di capire se ci piace davvero lavorare in proprio, dandoci allo stesso tempo delle informazioni sulla praticabilità di questa via.

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Se avviare la propria attività e mantenere il posto fisso da una parte ci può assicurare uno stipendio sicuro e permetterci di valutare la nostra attività in proprio, dall’altra ci costringe a fare i conti con una doppia vita, con tutto lo stress che questo comporta. Guardiamo il lato positivo: se siamo in grado di affrontare lo stress di un doppio lavoro, ci sono buone possibilità di riuscire a gestire un’attività in proprio.

Questo periodo di passaggio, o se vogliamo usare un esempio molto calzante, di “test-drive”, tra il posto fisso e l’attività in proprio, non ha una durata prestabilita: può durare tutto il tempo necessario per capire se è davvero quello che vogliamo, se ci piace quello che vogliamo trasformare nel nostro lavoro a tempo pieno. Può durare qualche mese, come qualche anno, ma durante questa transizione può essere utile tenere a mente tre punti fondamentali per agevolarla e per non impazzire.

Impariamo a dire “No”

Questo è un concetto che si sente spesso sottolineare, non solo in ambito lavorativo, ma anche personale. Partiamo da un dato di fatto:

la giornata è formata da “sole” 24 ore.

Togliendo le ore di riposo e quelle dedicate alle esigenze personali, non ce ne rimangono molte di libere, soprattutto se queste devono essere suddivise tra due occupazioni. Per questo motivo non possiamo preoccuparci di accontentare tutti, o di essere amici di tutti. Dobbiamo riconoscere i nostri limiti, quindi prendere una posizione per rispettarli.

In pratica la nostra “Not-To-do-list” è altrettanto importante della nostra To-do-list. Quello che possiamo fare per abituarci all’idea di dire “no” è fare pratica con frasi del tipo “Mi dispiace, ma sono già abbastanza occupato”, oppure “Vorrei tanto poterti aiutare, ma sono al completo al momento”. L’obiettivo è quello di rifiutare in modo gentile e veloce, esprimendo il nostro sincero rammarico e fermandoci lì, senza pronunciare lunghe e approfondite scuse.

Dobbiamo imparare a impostare le nostre priorità: questo ci sarà utile quando la nostra attività in proprio diventerà la nostra unica attività.

Leggi anche: Rifiutare un lavoro: due situazioni in cui ho detto NO a un cliente e non me ne sono pentita!

Applichiamo il principio di Pareto (a nostro favore)

Pareto è stato un grande economista e sociologo italiano attivo a cavallo tra  il 1800 e il 1900, a cui va il merito di aver scoperto che, statisticamente, il 20% delle cause provoca l’80% dei risultati. Questo principio è valido in molti campi, non solo in economia, quindi se vogliamo applicarlo al nostro caso specifico potremmo dire che l’80% dei nostri risultati derivano dal 20% dei nostri sforzi. Di conseguenza, specialmente durante il periodo di transizione, una scelta molto intelligente è quella di dedicare più spazio ed energie a quei compiti che hanno il ritorno di investimento più alto. Tutto il resto, probabilmente, potrà attendere.

Questo principio andrebbe applicato anche al resto della propria vita, non solo per quanto riguarda l’ambito lavorativo. Ci sono dei momenti, come durante la transizione lavorativa, in cui invece di preoccuparci di fare tutto, è meglio pensare solo all’essenziale.

Programmiamo del tempo per noi stessi

Gli inglesi hanno un termine geniale per descrivere quei momenti di pausa dal mondo esterno che vengono invece dedicati a noi stessi, che comprende dal relax più totale, al leggere un romanzo o fare sport, al portare a spasso il cane e uscire per un aperitivo con gli amici. Prendersi del “Me-time” può sembrare egoistico e, a volte una vera e propria perdita di tempo e soldi, soprattutto se si sta cercando di tenere in piedi due realtà lavorative.

Ma, la realtà è che se non ci concediamo queste pause, aumentiamo il rischio di avere dei crolli e di dare fondo a tutte le nostre energie. A queste pause va il merito di ricaricare le nostre batterie, il che ci permette di mantenere la nostra sanità mentale, e di riflesso di consentire al nostro business di godere di buona salute.

Se non riusciamo proprio a metterci nell’ordine delle idee di staccare dalla nostra routine lavorativa, proviamo a inserire il “me-time” nella nostra programmazione settimanale.  Trattando noi stessi proprio come se fossimo un nostro cliente, saremo più inclini a rispettare i compiti e le deadline?

Con questi accorgimenti potremmo affrontare il passaggio tra il lavoro fisso al mettersi in proprio conservando la nostra salute, imparando a gestire il nostro tempo al meglio, permettendo contemporaneamente di capire se stiamo facendo il passo giusto.

Come sempre mi capita quando mi viene chiesto di parlare di me, mi ritrovo in grande difficoltà. Questo perché le definizioni mi sono sempre andate strette. Quello che posso dire su di me è che sono ...

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