Tariffe freelance: 5 miti da sfatare sul quanto farsi pagare

Soness Stevens, esperta in Global Communication, ci parla dei 5 miti che impediscono a un freelance di essere pagato per quello che vale davvero

Tariffe freelance: 5 miti da sfatare sul quanto farsi pagare
 

Sei un freelance e ti senti sommerso dal lavoro ma sottopagato? Se la risposta è Sì, allora potrebbero esserti utili alcune riflessioni di Soness Stevens, freelance esperta in Global Communication e Associate Professor in Business Presentation Skills alla Yokohama National University.

Durante un suo intervento (trovi il video a fondo articolo) in uno dei TED della serie “How to Be a Better Human”, Soness Stevens analizza e sfata i cinque miti che ostacolano un freelance nel comprendere e nel monetizzare il proprio valore professionale.

Ti sarà già capitato di ricevere un’offerta di lavoro, magari persino interessante, e di vedere il tuo entusiasmo crollare irrimediabilmente nel momento in cui si parla del compenso previsto.

Parliamo delle solite frasi su “budget limitato”, accompagnate da promesse di “continuità della collaborazione”. Per non parlare della famigerata “visibilità” offerta in cambio di lavori quasi o del tutto gratis.

Eppure, quante volte hai accettato comunque un lavoro pur sapendo che ci avresti guadagnato poco o nulla?

A volte lo si fa per aggiungere referenze al proprio portfolio, o per acquisire esperienza in un determinato campo. A volte lo si fa semplicemente perché, come si suol dire “piuttosto che niente, meglio piuttosto” e perché quei soldi, per quanto pochi, in quel momento servono davvero. Magari con la speranza di aver comunque “agganciato” un cliente e di poterti far pagare di più la prossima volta.

Qual è il problema di fondo? Come dice Stevens nel suo talk, finché noi stessi non siamo in grado di capire quanto valgono la nostra professionalità e il nostro lavoro e quindi di pretendere di essere retribuiti il giusto, non saremo mai in grado di farlo capire ai nostri clienti.
E questo non crea problemi solo a noi, ma rischia di dar vita a un effetto catena che si ripercuote sui nostri colleghi e competitors, sull’intero nostro settore.

Se prima il posto fisso a tempo indeterminato era la forma di impiego più comune (e più ambita), oggi il lavoro freelance è sempre più diffuso. È quindi necessario impostare una sorta di road map che possa aiutare professionisti e lavoratori autonomi a navigare in questa (relativamente) nuova forma di economia.

Soness Stevens, che vive e lavora a Kanagawa (Giappone) è stata freelance per oltre 20 anni come speaking coach e nella recitazione vocale in produzioni cinematografiche e videogame, e ha vissuto in prima persona molte delle idee sbagliate che i freelance hanno di loro stessi e che emergono in particolare quando si parla di soldi.

“Li chiamo miti, perché anche io la pensavo allo stesso modo.”

Secondo Soness, ci sono quindi cinque miti a cui la grande maggioranza dei freelance continua a credere autoconvincendosi costantemente della loro veridicità, a proposito del lavoro, della retribuzione e del suo valore.

Mito #1: Se faccio un buon lavoro, il cliente se ne accorgerà e la prossima volta mi pagherà meglio

Questo approccio è sbagliato a priori, perché parte già svalutando il proprio lavoro. Se un cliente ti ha ingaggiato, significa che ha riconosciuto in te le specifiche competenze di cui ha bisogno, che per lui sono importanti e come tali devono avere un valore.
Devi quindi farti pagare con un compenso adeguato, che rifletta in modo coerente tale valore.

Devi anche tenere presente che la tariffa che tu accetti da un cliente va poi a influenzare il cosiddetto “prezzo di mercato”, impattando sugli standard di tutti i freelance che operano in un dato settore. Maggiore è il numero di freelance che si adeguano a tariffe sottostimate, minori possibilità ci saranno per ogni freelance di contrattare una tariffa equa.

Per evitare che ciò accada, bisogna che i freelance abbiano maggiore consapevolezza riguardo alle proprie tariffe e al proprio grado di expertise rispetto ai loro colleghi/competitor.

Per questo motivo è utile confrontarsi costantemente, e non farsi problemi nel discutere di lavori, prezzi e tariffe scambiandosi opinioni ed esperienze tra professionisti. Essere trasparenti, e discutere con altri freelance, ad esempio all’interno di gruppi tematici nei social network o approfittando di occasioni di incontro e confronto come eventi, meeting e conferenze di settore può davvero fare la differenza e aiutare tutti a formulare un’idea di standard condiviso.

Non è facile stabilire con esattezza quale possa essere una retribuzione accettabile, perché ci sono infinite variabili che dipendono da situazione a situazione, ma parlandone e discutendone con altri freelance sarà possibile quantomeno fissare dei paletti, un range al di sotto del quale non rischiare di scendere.

Leggi anche: Calcolo del costo orario: quanto farsi pagare dai clienti?

Stevens suggerisce di definire un tuo tariffario personale che possa fare da riferimento per te, per i tuoi colleghi e per i potenziali clienti.

“Avere un listino con tariffe specifiche farà subito capire che sei un professionista serio.”

Mito #2: “Per avere un buon curriculum devo accettare qualunque offerta. Anche a costo di lavorare gratis, ma intanto avrò fatto esperienza.”

“È comprensibile che quando si parte da zero si prenda tutto quello che arriva,” sostiene Stevens. “Ma quand’è che puoi dire di avere accumulato “abbastanza” lavori?”

Solo perché non ritieni di avere “abbastanza” esperienza non significa che tu debba accettare lavori sottopagati. Il lavoro di un freelance dipende dalle sue abilità e dalla sua conoscenza. Molto probabilmente hai dedicato – e tuttora dedichi – tempo ed energie per affinare e ampliare le tue capacità. Che si tratti di scrittura, di fotografia, di programmazione o di nozioni legali, si tratta sempre e comunque di competenze richieste dal mercato.

Quindi, possiamo dire che “abbastanza” è quando hai a disposizione e sai gestire tutto ciò che serve a portare a termine un dato lavoro per un dato cliente.

“Se sei in grado di eseguire un lavoro, sei anche in grado di farti pagare”, sottolinea ancora Stevens.

Anche se sai che c’è sempre da imparare e che puoi ancora migliorare le tue skill, il tuo lavoro merita comunque di essere retribuito in denaro e non in “esperienza.”

D’altra parte, se qualcuno si rivolge a te per un lavoro vuol dire che ti ha cercato. E  questo è già un valore. Non importa in che modo tu valuti le tue potenzialità, ma se gli altri vengono a chiederti aiuto per risolvere un loro problema significa che qualcosa evidentemente valgono.

Mito #3: “Se voglio avere successo come freelance, non posso fare troppo lo schizzinoso. Rischierei di rovinarmi la reputazione.”

Quando si è freelance bisogna assolutamente evitare atteggiamenti del tipo “a caval donato non si guarda in bocca” o “questo è quanto passa il convento”.

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È fondamentale saper distinguere che tipo di lavoro ti interessa. Non dovresti sentirti forzato ad accettare lavori che non vuoi svolgere o che vanno contro la tua etica e i tuoi valori solo perché sei preoccupato che la gente pensi che “te la tiri”.
Un lavoro che non ti soddisfa ti causerà soltanto rabbia, frustrazione e risentimento.

Secondo Soness Stevens, inoltre, accettare opportunità insoddisfacenti e/o sottopagate può portare a un circolo vizioso fatto di super lavoro e spreco di tempo dal quale può poi essere molto difficile uscire.

Magari ti preoccupa il fatto che rifiutando lavori alla fine nessuno te ne offrirà più.
Stevens ti ricorda che c’è molto più lavoro di quanto tu pensi.

“Le opportunità sono come l’amore,” dice. “L’amore non è finito, come una torta di mele. L’amore è infinito, come il pi greco — 3.1415926…”

Mito #4: “Sono un freelance, non un imprenditore. Quindi non sono in grado di discutere di soldi con i clienti.”

Amico freelance, è ora di rivedere la tua identità. Nel corso del suo talk, Stevens a un certo punto afferma che:

“Se devi pensare al tuo personal brand, ai clienti o a come e quanto essere pagato, allora sei nel mondo dell’impresa e sei un imprenditore.”

Se sei un freelance, sei sia il tuo capo che la tua azienda. La tua fonte di guadagno sono le tue competenze. Se un freelance non percepisce se stesso come un imprenditore, sta – seppur involontariamente – sminuendo la propria expertise e, di conseguenza, il suo lavoro.

“Quando inizieremo a realizzare che il nostro lavoro ha un valore, un valore intrinseco, e che i clienti e le persone lo stanno monetizzando, finalmente smetteremo di buttarlo al vento e cominceremo a rivendicarlo e a pretendere quello che valiamo.”

Tieni a mente questa cosa: ogni volta che accetti o rifiuti un’opportunità, stai prendendo una decisione imprenditoriale. Devi assumerti le responsabilità delle tue azioni, ed essere consapevole che le tue scelte plasmeranno il tuo lavoro e la tua carriera.

Ma non farti problemi a rivolgerti ad altri freelance per chiedere consigli su argomenti su cui ti senti insicuro, come ad esempio contratti, lettere di incarico o modi e tempi di pagamento.

Se vuoi essere preso sul serio devi andare oltre il modo in cui i clienti e gli altri, in generale, ti vedono. Riguarda anche – soprattutto – il modo in cui TU vedi te stesso.

Mito #5: “Sono in costante competizione con gli altri freelance del mio settore, quindi se rifiuto un lavoro sottopagato il cliente si rivolgerà a qualcun altro.”

Essere un freelance può spesso farti sentire come se stessi cercando di prendere un grosso pesce in un piccolo stagno insieme a un gran numero di persone che fanno altrettanto. Pensi che se sarai abbastanza fortunato da riuscire a pescarlo avrai vinto tu e gli altri avranno perso, e viceversa.

Ma se la rosa delle opportunità fosse più ampia e invece di un piccolo stagno con un solo pesce ci fosse un immenso oceano con migliaia, milioni di pesci?

Beh, in realtà è proprio così, ma bisogna comunque rimboccarsi le maniche. Un modo per espandere la rosa delle opportunità è interagendo con gli altri freelance, restando aggiornati sulle potenziali occasioni di lavoro. Quando incontri altri freelance, parla con loro di lavoro.

Mantieniti in contatto con loro, incontrali regolarmente anche solo per un caffè per parlare di ciò che state facendo, dei progetti in vista, delle nuove esperienze fatte.

Gli spazi di coworking sono ambienti molto fertili per questo tipo di scambio, ma in certi casi può essere utile anche unirsi alle associazioni di categoria e frequentare meetup, seminari, ed eventi che riguardano il tuo settore.

Soness Stevens sostiene di aver ricevuto un importante aiuto dal confronto con suoi colleghi, come quella volta in cui stava facendo un lavoro di doppiaggio in Giappone e si è messa a chiacchierare con un altro membro del cast. Secondo questa persona, Soness “aveva la personalità” perfetta per un musical per cui era ancora aperto il casting. Soness, pur non avendo alcuna esperienza professionale nel canto, seguì il consiglio e si presentò ai provini, ottenendo così una parte per un tour attraverso tutto il Giappone. E questo, grazie a un semplice scambio di parole con un altro freelance.

Parlare con altri freelance significa smettere di considerarli soltanto dei competitor e iniziare a vederli come alleati e supporter. Questo vuol dire essere aperti verso il proprio lavoro, i compensi e le opportunità.

Dal 2001 scrivo per siti internet e blog (passando per quelle che una volta erano le webzine, le community, ecc ecc). Lavoro in proprio come freelance e collaboro con diverse agenzie di comunicazione e ...

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