Vantaggio competitivo: ha ancora senso difenderlo e mantenerlo?

La digitalizzazione e la globalizzazione hanno aperto le porte a una nuova visione del vantaggio competitivo: è necessario un cambio di mentalità che porti ad un approccio più dinamico

Vantaggio competitivo: ha ancora senso difenderlo e mantenerlo?
 

Cos’è il vantaggio competitivo? Il vantaggio competitivo è un termine tipico del marketing e della gestione strategica e ormai entrato nell’uso comune. Sintetizzando estremamente il concetto, possiamo dire che il vantaggio competitivo di un’attività imprenditoriale è il motivo per cui questa attività ha successo rispetto ai suoi concorrenti.

Da tempo il vantaggio competitivo è alla base di buona parte delle strategie e dottrine del marketing.

Secondo Rita Gunther McGrath, docente presso la Columbia Business School, l’era del vantaggio competitivo sostenibile ha ormai ceduto il passo a quella della flessibilità.

In un mercato sempre più aperto e privo di barriere, il tradizionale approccio strategico basato principalmente sul vantaggio competitivo e sulla sua difesa a oltranza sta via via perdendo di senso.

Questo, in sintesi, è il contenuto di The End of Competitive Advantage: How to Keep Your Strategy Moving as Fast as Your Business (Harvard Business Review Press, 2013), ultimo libro della McGrath, in cui stravolge i classici pilastri della strategia aziendale. Secondo l’autrice, l’ambiente competitivo è in costante evoluzione, e le aziende, per sopravvivere, devono aggiornarsi e rinnovarsi continuamente.

Vantaggio competitivo: cosa sta cambiando?

La ricerca che sostiene la tesi centrale di The End of Competitive Advantage ha evidenziato come le aziende che hanno dimostrato la crescita maggiore – con un aumento del fatturato netto di almeno 5 punti percentuali/anno dal 2000 al 2009 – siano quelle che hanno saputo di volta in volta sfruttare vantaggi competitivi temporanei, anziché quelli sostenibili.

In una approfondita intervista, McGrath spiega come il vantaggio competitivo permanente sia sempre meno sostenibile in sempre più settori economici.

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Non bisogna più pensare all’ambiente competitivo come una realtà caratterizzata da brevi periodi di evoluzione intervallati da lunghi periodi di stabilità senza variazioni, ma a come un insieme in continuo movimento e trasformazione.

La globalizzazione ha abbattuto molte delle barriere all’entrata dei mercati che tradizionalmente proteggevano aziende e interi settori, a cui si sono aggiunti il crollo della regolazione in tantissimi settori e l’avvento della digitalizzazione, con i loro flussi istantanei di informazioni e i mercati di investimento sempre più reattivi. Sono entrati in capo moltissimi fattori che hanno contribuito a rendere le opportunità più interessanti visibili e appetibili a una platea sempre più ampia, estendendo inoltre la disponibilità delle risorse necessarie per coglierle. Tutte queste dinamiche hanno fatto sì che sia sempre più difficile difendere un vantaggio competitivo a lungo termine.

È quindi necessario un cambio di mentalità, che permetta di riconoscere quando un vantaggio competitivo sta venendo meno, ponendosi domande come:

  • Ci sono aziende specializzate in altri campi che stanno dimostrando interesse verso il nostro settore?
  • Ci sono concorrenti provenienti da altri mercati che si stanno affacciando sul nostro?
  • Ci sono nuovi prodotti sostitutivi a basso costo in grado di conquistare i nostri attuali clienti?

Ognuna di queste eventualità è un preciso indicatore che il vantaggio competitivo sta iniziando a svanire.

Considerando il vantaggio competitivo come qualcosa di transitorio, si dovrà per forza modificare periodicamente il sistema organizzativo aziendale, evitando eccessi di stabilità potenzialmente pericolosi. Restare troppo troppo sulla difensiva e vincolati ad un determinato sistema di lavoro, può infatti portare all’abbassamento della reattività dell’impresa ai cambiamenti del mercato e creare quindi vulnerabilità.

Purtroppo, c’è ancora una forte tendenza a percepire la riorganizzazione aziendale come qualcosa di negativo. Le aziende utilizzano le strutture come mezzo per raggiungere un fine: coordinare le attività, ottenere e condividere informazioni, acquisire la giusta abilità nel risolvere diversi problemi. Non c’è nulla di sbagliato nel cambiare struttura organizzativa.

Ragionando in termini di vantaggio transitorio è necessario scendere costantemente a compromessi, scegliendo ad esempio di puntare sulla flessibilità a discapito dell’ottimizzazione, anche a rischio di sacrificare un po’ di margine. Amazon per anni ha promosso la crescita e la flessibilità a scapito dei margini, e ciò lo ha reso qualcosa contro cui è praticamente impossibile competere.

Oppure, si può scegliere se assumere personale da formare piuttosto che figure già altamente specializzate. L’importante è pensare alla propria posizione competitiva più in termini di arena che di settori.

I concorrenti diretti sono sempre meno pericolosi: perché devi imparare a guardare oltre!

Il concetto di Arena è cruciale nella tesi di McGrath. Nella visione strategica tradizionale è la struttura del settore a determinare la profittabilità delle imprese che ne fanno parte: quelle meglio posizionate primeggiano sulle altre. Ma questa idea sta diventando rischiosa, perché nella maggior parte dei settori, ormai, la minaccia può arrivare da altri ambiti. Basti pensare a campi come l’informazione o la formazione, in cui hanno fatto il loro ingresso player fino a poco tempo prima impensabili, come società di software, app o nuovi media.

Certo, resta importante tenere sotto controllo l’evoluzione del proprio settore merceologico, ma bisogna allargare il proprio sguardo pensare alle cosiddette arene, bacini di risorse sempre più contese tra player diversi.

Un report del Wall Street Journal ha evidenziato come dal 2007 – anno in cui l’iPhone fece il suo ingresso sul mercato – al 2012 la spesa pro capite negli USA salì dell’11% per le comunicazioni mentre calò vertiginosamente per il mercato delle auto.

Bisogna mantenere una visione di insieme, osservare l’arena nella sua ampiezza senza focalizzarsi solo sulla concorrenza di settore, e capire, ad esempio, se sia il caso di diversificare il proprio business affacciandosi su altri mercati, cercando di comprendere dove e in che modo l’azienda ed il brand siano in grado di produrre e aggiungere valore e dove invece no.

Le arene sono molte, i consumatori ne rappresentano una delle tante. Ma oltre a quella della spesa al consumo ci sono tutte le arene di risorse che implicano capitali, materie prime, ma anche risorse umane e competenze. Sono i mercati dei beni e dei fattori di produzione, che vanno monitorati e considerati tanto quanto i mercati dei consumatori.

Nuove strategie per ottenere un nuovo vantaggio competitivo

È chiaro quindi, che sia necessario un nuovo tipo di pensiero strategico, che McGrath definisce “strategia della continua riconfigurazione”.

Le tradizionali strategie di diversificazione si rivolgono a business regolati da ritmi diversi, al fine di compensare le flessioni di una attività con l’incremento di un’altra. In realtà, ogni business è soggetto ad alti e bassi, quindi qualunque ipotesi di diversificazione va orientata ad individuare ed a cogliere le nuove opportunità man mano che si presentano.

In un ambiente di vantaggio transitorio, bisogna essere capaci di riconfigurare assets, persone e competenze per passare da una opportunità all’altra a seconda di come si sposta il vantaggio. Ciò comporta un costante adattamento, in segno diametralmente opposto a soluzioni drastiche come tagli del personale o ristrutturazioni aziendali.

Va trovato il giusto mix tra stabilità e cambiamento. Gran parte delle abilità di leadership aziendale oggi riguarda la capacità di incoraggiare il cambiamento ed allo stesso tempo di assicurare ai dipendenti i necessari punti di riferimento, specie nei casi più complessi in cui è necessario svincolarsi da quello che è stato per un brand il proprio core business.

È quanto avvenuto nei casi di Kodak e Fuji, entrambi marchi storici nel campo delle pellicole fotografiche, con la differenza che mentre Kodak è affondata, Fuji ha intuito le potenzialità del nuovo scenario di mercato fin da quando Sony presentò la prima fotocamera digitale, riducendo i budget destinati allo sviluppo delle tecnologie fotografiche tradizionali e investendole in nuovi campi di sviluppo.

In un ambiente competitivo in continua evoluzione, quindi, bisogna saper capire quando sia necessario giocare in difesa e puntare sull’efficienza, e quando invece mirare alla crescita e alla ricerca di nuove opportunità.

Osservando l’evoluzione non soltanto del proprio settore, ma delle diverse arene, si potrà sfruttare al meglio il vantaggio transitorio mantenendo costantemente vivo e vitale il proprio business.

Una visione di insieme e un’apertura mentale orientata al cambiamento sono quindi le qualità indispensabili alle leadership aziendali che vogliono rimanere vincenti.

Fonte: Strategy + Business

Dal 2001 scrivo per siti internet e blog (passando per quelle che una volta erano le webzine, le community, ecc ecc). Lavoro in proprio come freelance e collaboro con diverse agenzie di comunicazione e ...

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