3 Strade per fallire a livello imprenditoriale e come rimediare, la teoria firmata James Clear

Anche i migliori sbagliano, basta saper come rimediare. James Clear illustra la sua teoria dei 3 livelli di fallimento

James Clear fallimento
 

Capitano a tutti, prima o poi, quei momenti in cui non si riesce a capire se i nostri sforzi per far funzionare un qualcosa, che sia un business, una relazione o un contratto, ci porteranno davvero a qualcosa di buono, al successo, o alla serenità. Una delle cose più difficile della vita, infatti, è riuscire a capire se è meglio andare avanti o cambiare strada. Da una parte il non mollare la presa, unito alla perseveranza e alla grinta, si potrebbe rivelare la scelta giusta; ma dall’altra, non è sempre un buon consiglio da dare.

“Se qualcosa non sta funzionando, le persone davvero intelligenti smettono di ripeterla all’infinito, e cambiano strategia, o la aggiustano, e qualche volta si arrendono”

dice James Clear, il fotografo, scrittore e imprenditore americano nel suo blog, parlando di fallimenti in generale. L’autore ha messo al centro del suo lavoro la domanda “come possiamo vivere meglio?” e da qui sperimenta la creazione di buone abitudini sia nella vita privata che nella vita professionale. Infatti per Clear il miglior modo per cambiare il mondo è attraverso dei cerchi concentrici: partendo da se stessi e proseguendo verso l’esterno.

I 3 livelli di fallimento imprenditoriale

Clear ha sviluppato un’interessante teoria che prevede tre livelli in cui è possibile fallire nella vita imprenditoriale, nonostante funzioni anche per tutti gli altri ambiti della propria vita.

  • Al primo livello troviamo il fallimento della tattica, che comprende tutti gli errori relativi al “COME”. Questi errori si fanno quando non riusciamo a costruire un sistema solido, ci dimentichiamo di misurare i risultati con attenzione, o ci perdiamo troppo nei dettagli.
  • Il secondo livello è dedicato al fallimento della strategia, e comprende gli errori relativi al “COSA”. In questi casi adottiamo una strategia che non ci porta ai risultati che vogliamo, nonostante sappiamo bene cosa desideriamo e come svolgere il nostro lavoro.
  • Al terzo livello abbiamo il fallimento della vision, che comprende gli errori relativi al “PERCHÉ”. Commettiamo questi errori quando non abbiamo una direzione chiara, oppure se seguiamo una vision che non ci appaga totalmente.

Analizziamo nel dettaglio ogni livello, riportando gli esempi che lo stesso Clear ha usato per spiegare la sua teoria, riportando anche come poter rimediare a ogni tipo di fallimento.

Esempio #1: il fallimento della tattica

Sam Carpenter ha comprato un’azienda in difficoltà nel 1984 e l’ha rinominata Centratel. L’azienda si occupava di rispondere alle telefonate di dottori, veterinari e altri esercizi che avevano bisogno di rispondere al telefono a qualsiasi ora, ogni giorno, ma non potevano pagare un dipendente interno per farlo.

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Il sogno di Carpenter era di far diventare la sua azienda il miglior servizio di questo tipo negli Stati Uniti. Ma non è andata proprio così, infatti per i primi 15 anni ha lavorato dalle 80 alle 100 ore a settimana, mettendo a serio rischio il suo benessere psicofisico.

Una notte Carpenter ha avuto il lampo di genio: la sua attività stava andando così male perché ogni dipendente lavorava nel modo in cui pensava fosse il migliore. Quindi decise di mettere per iscritto ogni processo interno che riguardava l’azienda, in modo che ogni dipendente lavorasse allo stesso modo, dalla registrazione delle fatture, al come fare un’offerta commerciale. In questo modo il suo lavoro all’interno dell’azienda scese da 100 ore a 10 alla settimana, e la qualità dei servizi aumentò, e i profitti aumentarono del 40%.

Oggi la Centratel ha 60 dipendenti e, con più di trent’anni di presenza sul mercato, Sam Carpenter lavora solo due ore a settimana.

Nella case History raccontata da Clear, Sam Carpenter aveva una vision piuttosto chiara e una buona strategia, ma non sapeva come metterle in pratica.

Come rimediare

Ci sono tre modi principali per rimediare a un fallimento nella tattica:

  • scrivere i propri processi: per costruire un sistema che funzioni è cruciale mettere per iscritto ogni step di tutto quello che facciamo in azienda, e creare una lista di cose da fare quando ci si ritrova nei momenti più difficili (picco di vendite, assenze per malattia, etc).
  • misurare i risultati: bisogna misurare tutto quello che è importante. Gli imprenditori, per esempio, potrebbero trovare utile misurare quante telefonate di vendita fanno al giorno; gli scrittori potrebbero tenere sotto controllo ogni quanto pubblicano un nuovo articolo. Se non misuriamo i nostri risultati, come possiamo sapere se le nostre tattiche funzionano?
  • rivedere e aggiustare le proprie tattiche: il vero problema del fallimento nelle tattiche è che può capitare in qualsiasi momento. Le tattiche che abbiamo usato possono diventare obsolete, e quelle che non erano adatte a noi possono diventarlo con il tempo. Quindi è importante rivedere e migliorare il nostro lavoro costantemente, e magari lasciare andare qualche tattica che non ci sta più facendo crescere.

Esempio #2: il fallimento della strategia

Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, ha annunciato nel 1999, a marzo, che la sua compagnia avrebbe lanciato un servizio che permetteva di vendere qualsiasi cosa online, chiamato Amazon Auction, seguendo la sua idea di competere con eBay. Il sito fu creato, sviluppato, testato e lanciato in soli tre mesi, per questo Amazon Auction si è rivelato un fallimento spettacolare, e soli sei mesi dopo Bezos si è reso conto che non stava andando da nessuna parte.

In settembre dello stesso anno è stato pubblicato Amazon zShop, in cui ogni business poteva aprire un negozio online e vendere i propri prodotti attraverso Amazon. Di nuovo, Bezos mancò il bersaglio. Nessuno dei due progetti è ancora in piedi oggi. Nel novembre del 2000 è stato lanciato Amazon Marketplace, dove ognuno poteva vendere i propri prodotti usati, in fianco ai prodotti nuovi, e ha funzionato. Nel 2015 il Marketplace contava il 50% delle vendite totali di Amazon.

Tutti conosciamo Amazon, ma in pochi sanno dei fallimenti che hanno preceduto il suo impero. Nel 1999 Bezos sapeva cosa voleva: “essere l’azienda più centrata sul cliente del mondo”, e il suo team sapeva anche come farlo, dato che hanno sviluppato un portale in soli tre mesi. Il problema, invece, era il “cosa” fare.

Come rimediare

Ci sono tre modi principali per rimediare a un fallimento nella strategia:

  • lanciare l’idea in fretta: ci sono idee migliori di altre, e alcune che semplicemente funzionano meglio, ma nessuno può esserne certo finché non vengono testate. Non possiamo sapere in anticipo cosa funzionerà se prima non la lanciamo. Per questo è importante lanciare la strategia velocemente, così ci possiamo accorgere subito se ha una tenuta sul mondo reale o se funziona solo sulla carta.
  • risparmiare: una buona idea, una volta che abbiamo raggiunto una buona qualità, è quella di testare le idee spendendo il meno possibile. Se poi non dovessero funzionare, almeno non avremmo investito tutto il nostro capitale in una nave che affonda. In questo modo, inoltre, riduciamo l’attaccamento a una particolare idea. Se investiamo molto tempo e denaro in una particolare strategia, sarà più difficile ammettere la sconfitta. Questo vale per ogni ambito della nostra vita: idee imprenditoriali scadenti, relazioni tossiche, abitudini distruttive.
  • essere rapidi nelle revisioni: le strategie sono fatte per essere riviste e aggiustate. Nessuna persona di successo fa le stesse identiche cose di quando ha iniziato il suo percorso. La Nintendo ha prodotto carte da gioco e aspirapolveri prima di conquistare gli amanti di videogiochi di ogni parte del mondo. Il problema qui è semplice: siamo portati a credere che se le nostre prime idee di business si rivelano dei fallimenti, allora non siamo portati per essere degli imprenditori. Ma non è così che il mondo funziona. La stessa Natura non fa altro da milioni di anni: si adatta, evolve, fa revisioni; in questo modo è riuscita a creare un’infinità di specie diverse, partendo da semplici organismi monocellulari.

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Esempio #3: il fallimento della Vision

Ralph Waldo Emerson, classe 1803, fu il figlio di un pastore della chiesa unitariana, molto popolare tra gli cristiani del tempo. Emerson frequentò Harvard come suo padre e si preparò per seguirne le orme nella chiesa. Contrariamente a suo padre, dopo alcuni anni si trovò in disaccordo con molti insegnamenti religiosi, e accese aspri dibattiti prima di scrivere “questo modo di commemorare Cristo non fa per me, e questa è una motivazione sufficiente per abbandonarlo”.

Emerson si ritirò nel 1832 e iniziò a viaggiare in Europa, dove conobbe molti filosofi e scrittori, come Mill, Wordsworth, Coleridge. Una volta tornato negli Stati Uniti, emerson fondò il Trascendental Club, che riunì gli intellettuali come lui interessati alla cultura, filosofia, scienza e a migliorare la società. La profonda ricerca dello scopo della sua vita e dei suoi valori si è intensificata durante i viaggi internazionali e ha preso forma nella fondazione del Club, facendo avverare il suo sogno di diventare un filosofo e scrittore. Così ha trascorso il resto della sua vita seguendo idee indipendenti e scrivendo saggi.

Attraverso il percorso di crescita di Emerson possiamo capire cosa è un fallimento di vision: l’obiettivo che vogliamo ottenere non è allineato con ciò che stiamo facendo.

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Come rimediare

Ci sono tre modi principali per rimediare a questo tipo di fallimento:

  • fare il punto sulla nostra vita: ammettiamolo, non prendiamo quasi mai del tempo per pensare in modo critico ai nostri valori e alla nostra vision. Molti preferiscono lasciarsi fluire e prendere la vita per come viene, invece di stabilire dei punti fermi e rispettarli. In questi casi il rischio è quello di finire nel vivere il sogno di qualcun altro, proprio come successe a Emerson. La nostra identità, personale o aziendale che sia, deve essere allineata con le azioni che compiamo. Per questo motivo è importante fermarsi e fare il punto sulla nostra vita, o azienda. Questo compito è solo nostro, nessuno può farlo al posto nostro. Quando dobbiamo fare il punto, possiamo partire dai nostri valori di fondo, e poi rivedere le esperienze più recenti scrivendo un report annuale.
  • determinare ciò che non è negoziabile: ci sono delle cose, nel nostro business o nella nostra vita personale, su cui non siamo disposti a cedere, per nessuna ragione. Un errore comune è porre la strategia che stiamo usando tra ciò che non è negoziabile, quando invece dovrebbe starci la nostra vision. Se dobbiamo davvero diventare ossessionati da qualcosa, che sia la nostra vision. Bezos insegna, perché si è dimostrato ostinato nella sua visione, non nelle singole idee su come realizzarla. Una volta che diventiamo certi della nostra vision, è difficile perderla di vista. Potranno esserci altri fallimenti, ma non in questo livello.
  • gestire le critiche: quando la nostra vision sarà un fattore non negoziabile e avremmo imparato a non mollare dopo il primo tentativo non riuscito, dovremmo essere disposti a ricevere delle critiche. L’importante è ricordarci che non dobbiamo scusarci per ciò che ci piace fare, ma dobbiamo imparare ad avere a che fare con chi ci odia.

James Clear sottolinea, infine, una questione importante che a prima vista rimane in secondo piano. I vari livelli non sono a sé stanti, ma si influenzano a vicenda, quindi un fallimento di tattica, qualche volta, può creare abbastanza caos da portarci a pensare di doverci misurare con un fallimento a livello di Vision. In queste occasioni occorre fare un po’ di pulizia, rimuovere la polvere attorno a noi per permetterci di rivedere la nostra vision, analizzare la situazione e prendere le giuste decisioni. Qualche volta scopriremo che ci troviamo sulla strada giusta, quindi possiamo aumentare i nostri sforzi, altre, invece, scopriremo che dobbiamo abbandonare ciò che stiamo facendo per provare qualcosa di nuovo.

Come sempre mi capita quando mi viene chiesto di parlare di me, mi ritrovo in grande difficoltà. Questo perché le definizioni mi sono sempre andate strette. Quello che posso dire su di me è che sono ...

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